5 febbraio 2008

Cronaca musicale del 1859

Fra i tesori e le curiosità di Google Books, sono andato a scovare un'edizione del 1859 della Rivista Contemporanea da cui vi propongo questo articolo in cui si chiede a gran voce un aiuto governativo alla musica.

CRONACA MUSICALE

Volgendo uno sguardo alla stagione autunnale che ora s'approssima al fine, vi cerchiamo indarno qualcuno di quei grandi fatti che lasciano traccia di loro nella storia dell'arte. E se ci facciamo ad interrogare l'avvenire, nulla, per avventura, ci promette il carnovale che sta per far capolino. L'apatia degli artisti e l'indifferenza del pubblico sono presso al loro apogeo. Si va al teatro per abitudine e non per interesse a ciò che vi si rappresenta; si canta per calcolo e non per accrescere lustro e decoro all'arte musicale. Il solo Verdi ha di quando in quando il privilegio di far parlare di sé e delle sue opere: l'Italia, un dì sì feconda di sommi compositori, vede con timore avvicinarsi l'ora in cui sarà costretta a pascersi di rimembranze, e ad appoggiare il suo primato nella musica non alle glorie contemporanee, ma alle memorie del passato ; essa, madre dei grandi artisti, è inondata da artisti stranieri, ai quali se manca il fuoco sacro degli Italiani, non è venuta ancor meno la perseveranza nello studio. Da ogni lato sorgono lagni, si riconosce da tutti questo decadimento, da tutti si proclama esser tempo di porvi argine, il giornalismo invoca provvedimenti dai governi, nuovi progetti vedono la luce, ad ogni piè sospinto v'imbattete in un riformatore del teatro musicale ed intanto i giornali predicano al deserto, i progetti sono in contraddizione fra di loro, e la riforma non progredisce d'un passo. Ecco la pittura esatta e fedele dello stato in cui si trova il teatro musicale, nè temiamo che le nostre parole vengano smentite.

Non abbiamo intenzione di proseguire la presenta cronaca su questo piede, né di ricorrere per riempier le nostre pagine ad inutili piagnistei; vediamo piuttosto se non v'è mezzo di uscire da una condizione sì misera ; tale indagine riuscirà più proficua che non l'esame degli spettacoli del Carignano, intorno ai quali la stampa periodica ha intrattenuto i lettori a sazietà.

Moltissime sono le questioni riflettenti il teatro musicale, e tutte hanno urgente bisogno di venir risolte. — Si tratta in primo luogo di riaprir l'adito ai compositori esordienti, ed inoltre d'impedire gli scandali e gli abusi d'ogni maniera che deturpano la riproduzione delle opere di quelli già saliti in fama, nonché di conservare, o, per dir meglio, di riacquistare nell'esecuzione della musica quella supremazia che fu nei tempi addietro privilegio di noi Italiani.

Ma l'esame di tante questioni e delle diverse opinioni che corrono intorno alle medesime, non è opera da intraprendersi in un breve articolo di giornale, e, d'altro canto, dopo le infinite discussioni che già si fecero a tale proposito, a poco gioverebbe l'espressione di un'opinione individuale. Alle polemiche subentrino i fatti, o, se si vuoi perdurare nelle polemiche, abbiano almeno uno scopo, sieno condotte colla certezza di ottenere un pratico risultamento , e non per lo sterile gusto di sputar qualche sentenza e di riveder le buccie ai confratelli in giornalismo.

Il primo punto su cui tutti dobbiamo insistere , si è che il Governo assuma il protettorato dell'arte musicale, come già esercita quello delle arti sorelle. Sappiamo che ciò dispiace a molti; si dirà che offendiamo il principio della libertà , che l'influenza governativa condanna l'arte ad intisichire, che ci facciamo sostenitori di principii vieti ed assurdi, che propugniamo il monopolio e la centralizzazione governativo-musicale. — Siamo preparati a questi appunti, ma alle declamazioni risponderemo coll'eloquenza dei fatti.

Senza parlare del rimanente d'Italia, dove sinora i governi esercitarono non illuminata protezione, ma oppressione durissima sul teatro musicale, soffermiamoci al Piemonte. Qui da dieci anni regna in tutto il suo splendore il sistema dei nostri oppositori ; qui è cessata ogni influenza governativa, i teatri non ricevono sussidii e sono lasciati per intero in balìa della speculazione privata; qui si è ritenuto per assioma che la concorrenza è il principio vivificatore dell'arte; qui non esistono istituti d'educazione musicale patrocinati dal Governo, non incoraggiamenti ai giovani, non premii ai vecchi, non vincoli agl'impresarii nell'interesse dell'arte , non guarantigie per gli artisti, insomma niuna influenza, veruna tutela, ma un campo
liberissimo, che i privati possono percorrere in lungo ed in largo senza aiuto, è vero, ma anche senza freno di sorta.

Che ne è avvenuto? Nessuno dei primarii maestri italiani ha, nello scorso decennio, scritto pei nostri teatri — non Verdi, non Petrella, non Degiosa. — Ai giovani fu ermeticamente chiusa la porta. In virtù della concorrenza si ebbe qualche buono spettacolo, ma si fu varie volte in procinto di rimanere senza teatro di musica; gli artisti si divisero in varii partiti, ed ora regna fra di loro la discordia, e, ciò che è più, gli speculatori più onesti e più intelligenti
non essendo riusciti a fare il proprio vantaggio, né a soddisfare il pubblico, incominciano a ritrarsi dall'arena. L'impresa del Vittorio Emanuele ha ceduto le armi, e quella che l'anno scorso al Regio proclamò di voler far risorgere l'arte, ha anch'essa abbandonato l'assunto. E se quest'anno si volle che almeno un teatro fosse aperto a Torino, fu giuocoforza ricorrere alla protezione se non governativa almeno municipale. Qual utile recherà all'arte questa mezza misura, questa protezione che si limita a sborsar danaro, senza che dal medesimo altri ritraggano profitto oltre l'impresa, lo chiariranno gli eventi.— Intanto abbiamo fatto notare un fatto che è la prima condanna del sistema seguito sinora.

Perché mai il governo che erige cattedre di belle lettere, apre accademie di pittura e di scultura, si pregia di possedere ricche pinacoteche , ordina a distinti artisti quadri e monumenti, compra alle pubbliche mostre i lavori dei giovani, lascia poi in totale abbandono
la musica ? Che sarebbe dei pittori e degli scultori se dipendessero solamente dal capriccio degli speculatori privati ? La protezione che noi chiediamo per la musica non deve mutarsi in tirannia. Non si tratta d'imporre vincoli all'arte, d'impastoiarla, di renderla eunuca, ma di soccorrerla, di aiutarla con mezzi efficaci ed illuminati ; e se ciò è buono, è utile, è lodevole per la pittura, per la scultura o per le lettere perché mai sarà dannoso, anti-liberale, e biasimevole
per la musica?

In verità noi arrossiamo d'insistere su verità sì evidenti. Si vuoi forse affermare che la musica non è egualmente degna di favore ? Ma la sarebbe questa una teoria strana, specialmente in Italia, nella patria di Rossini, di Bellini e di Verdi. Qual peccato ha commesso la povera musica italiana da meritare il disprezzo di cui certuni la fanno segno? Non è dessa un'arte nobilissima al paro delle altre?
Eh via ! Siffatte obbiezioni ottenevano credito cent'anni fa quando Haidn occupava il posto ed il rango di valletto alla corte di un principe della Germania, ma ai nostri giorni sono ingiuste e ridicole.

Dichiari adunque il Governo di volersi in qualche modo occupare delle questioni musicali. Le Commissioni non aggravano il bilancio, e giacché ne ha nominato tante altre , ne istituisca una pure per quest'oggetto. Diremo di più, non vogliamo neppure che assegni a tale Commissione i principii che devono dirigere ed informare le sue deliberazioni. Lasci a lei piena libertà di decidere se e fino a qual punto si possa ammettere l'ingerenza del governo, ed in caso affermativo, come la medesima si debba manifestare. — Non siamo indiscreti, e chiediamo in fin dei conti una cosa semplicissima, che per nulla compromette la libertà d'azione del Governo. Non vogliamo far trionfare le nostre idee, ma chiediamo che si apra una discussione che ci conduca ad un qualche risultamento. Il Governo farebbe con ciò cosa grata agli artisti, i quali formano una classe numerosa e contribuiscono alla floridezza ed al decoro dello Stato, e, quando i tempi lo permettessero, avrebbe nelle deliberazioni e nelle proposte della Commissione una norma da seguire, non diremo ciecamente, ma con fiducia. — E crediamo che le nostre parole avranno l'approvazione di quanti s'interessano al progredire della musica, a qualunque sistema essi si mostrino devoti. Né ci si dica che non è questo il momento opportuno agli studi ed alle riforme in tale materia. Napoleone I dettava da Mosca il decreto che riordinava il teatro francese. La musica che per tanti anni ci confortò nella sventura , ha dritto di ricevere alla sua volta conforto ora che per la patria nostra sorgono giorni migliori.

G. D'Arcais

Rivista Contemporanea
Volume diciassettesimo
Anno settimo
Torino, 1859


Il libro da cui è tratto questo articolo è consultabile su Google Books

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