22 agosto 2006

Torino: 5° Festival Jazz Manouche "Django Reinhardt"

L'Associazione JAZZ MANOUCHE "Django Reinhardt" PRESENTA

5° FESTIVAL INTERNAZIONALE JAZZ MANOUCHE
"Django Reinhardt"
Dal 14 al 17 settembre 2006 a Torino
ESPOSIZIONE LABORATORI LIUTAI
CONCERTI E JAM SESSION

Per tre giorni, dal 14 al 17 settembre 2006 (con presentazione in anteprima giovedì 14 settembre) il cuore di Torino si colorerà delle atmosfere della tradizione Manouche. Il centro della movida torinese, in via Borgodora (Balòn) e nella suggestiva cornice del Cortile del Maglio (ex Arsenale Militare, ingresso da via Andreis 18), si trasformerà in un immenso palcoscenico, una prestigiosa scena su cui si presenteranno artisti di calibro internazionale.

Unico appuntamento europeo interamente dedicato alla musica Manouche, il 5° Festival internazionale Django Reinhardt è intitolato allo straordinario personaggio che ha fatto da collegamento fra la tradizione musicale di uno dei ceppi più antichi del popolo zingaro, i Manouche appunto, e il Jazz dell'anima nera americana.
Il risultato è un'alchimia perfetta e coinvolgente conosciuta come "Jazz Manouche" o "Gipsy Jazz" proprio perché coniuga le sonorità del jazz degli Anni Trenta e la sua libertà di espressione con il valzer Musette francese e la virtuosità tzigana del fraseggio.
Il Jazz Manouche è una musica in evoluzione che si è sviluppata per tutto il Novecento e che oggi, a più di cinquant'anni dalla morte di Django Reinhardt, continua a rinnovarsi ad affascinare un numero sempre crescente di appassionati.
A riprova del grande interesse suscitato dalla tradizione Manouche, le ultime due edizioni del festival hanno riscosso un notevole successo: tra le presenze più prestigiose basta citare Tchavolo Schmitt e Mandino Reinhardt, anche protagonisti del film "Swing" di Tony Gatlif, David Reinhardt, nipote del grande Django Reinhardt e altri favolosi gruppi che hanno ammaliato e coinvolto centinaia di visitatori.
Il programma dell'edizione 2006, invece, propone altri grandi nomi del Jazz Manouche, che si esibiranno in concerti e jam session emozionanti, tanto da riuscire a far vibrare il cuore del pubblico.

Ovviamente, non possono mancare i torinesi "Manomanouche", divenuti ormai una sorta di "sigla" di presentazione del festival, particolarmente cari al pubblico della città ma molto conosciuti non solo in Italia, eletti simbolo dell'anima manouche nostrano.
Tra i grandi artisti che danno vita all'emozione del jazz manouche, il 5° Festival Internazionale di Torino si vanta di ospitare Angelo Debarre Quartet, Manomanouche & Friends, Robin Nolan Trio, Ritary Ensemble, Titi Winterstein Quartet, e Basily, tutte formazioni originali di Swing Gipsy. Il cartellone è in via di definizione e altri gruppi faranno parte del cartellone 2006.
Ai concerti e jam session che animeranno le strade torinesi, si aggiungeranno attività collaterali.
Da non perdere, infine, l'occasione di incontrare alcuni maestri liutai di fama internazionale che, per tutta la durata del festival, saranno presenti nel Cortile dei Ciliegi con un'interessante esposizione di chitarre manouche.
I concerti gratuiti per le vie del centro di Torino sono previsti venerdì 15 alle 21:00 e sabato 16 alle 11:30 mentre quelli a pagamento avranno inizio sabato 16 e domenica 17 alle ore 21:00 e l'ingresso costa 10 euro.


Breve storia del Jazz Manouche
I Manouches sono giunti in Europa occidentale tra il XV e il XVI secolo. Dopo un viaggio durato circa un millennio, hanno scelto come sede di permanenza la Francia, l'Olanda, la Germania e il Belgio. La loro origine indiana trova conferma nel nome "manus", appartenente al ceppo linguistico indo-europeo. E' entrato nel linguaggio corrente francese come Manouches che dall'antico Hindi deriva dal termine "manusa": essere umano. Tra i contributi più significativi allo stile manouche figura quello del chitarrista e compositore Django Reinhardt che, nel 1934, creò con il violinista Stéphane Grappelli il Quintetto a corde dell'Hot Club de France: nasce così un nuovo ed interessante jazz Europeo.
Il jazz Manouche, però, prende forma ufficialmente nella Germania del 1967 attorno all'emblematica figura del violinista Schnuckenak Reinhardt, con il quale molti musicisti impararono il loro mestiere prima di formare i propri ensembles. I musicisti Sinti scoprirono Django attraverso i dischi e attraverso la pratica musicale, propria delle loro famiglie. Amando suonare tra loro e per loro stessi una musica nella quale si riconoscono, ancora oggi si tramandano di padre in figlio il loro immenso patrimonio culturale. Nelle comunità Manouche, la tradizione si trasmette oralmente in occasioni di festa ed incontri familiari dove la musica occupa sempre un posto preponderante. Senza dubbio l'invenzione di questo nuovo folklore risale alla fine degli Anni Sessanta. Il fondamentale riferimento per il suo sviluppo fu il primo quintetto a corde di Django, quello formatosi prima della guerra. I Manouche ne impararono il repertorio e acquisirono padronanza con gli strumenti: due chitarre da accompagnamento e un contrabbasso per assicurare una imperturbabile sezione ritmica (da loro chiamata "la pompe" manouche), una chitarra solista, un virtuoso violino e talvolta una fisarmonica. I chitarristi, fedeli ai propri maestri, danno priorità alla ricerca del virtuosismo e dello spettacolare.Il punto di partenza dei loro studi è rappresentato da un certo numero di composizioni di Django (quali Nuages, Minor Swing, Manoir de me Rèves?), dagli standards suonati da Django prima del 1940 e da alcuni valzer musette (influenza dei fisarmonicisti swing come Gus Viseur, Tony Muréna o Jo Privat). Questo fenomeno sia di natura estetica sia di natura sociologica è stato denominato, forse impropriamente, Gypsy Jazz: i Manouche non aderirono affatto al Jazz, ma allo stile di Django con il desiderio di affermare la loro appartenenza etnica. Il Gypsy Jazz o Swing Manouche possono essere meglio descritti come movimento folcloristico, folklore vivente aperto a influenze esterne nel quale è possibile ogni sorta di scambio, abbracciando un ampio spettro di stili pur rimanendo nel proprio contesto musicale. Da una buona decina d'anni l'influenza di Django sembra non diminuire affatto: sono stati organizzati nuovi festival a lui dedicati in Francia (Django Memorial Festival ? Samois Sur Seine, Festival di Angers e Strasburgo), Belgio, Germania (Django Reinhardt Festival di Augsburg), Svezia (Gypsy Jazz Festival di Thorshalla), Inghilterra (UK Gypsy Fest), Norvegia (Django Festival in Oslo), Canada, Stati Uniti (Django Festival di New York al Birdland, North West Django Fest a Washington), Islanda (Django Jazz Festival di Akureyri), Giappone e Italia proprio con il Festival Jazz Manouche Django Reinhardt di Torino.
Diversi gruppi composti da zigani o da gadjès (termine zigano per definire la popolazione non zigana) stanno conferendo un nuovo look alla musica dell'Hot Club suonandola sui palchi, registrando in studio, viaggiando e facendo rivivere questa tradizione e riscontrando un successo popolare sempre crescente.

La chitarra manouche
La chitarra manouche si differenzia da altri strumenti simili, come la chitarra elettrica o quella classica, sotto vari aspetti che la rendono un pezzo assolutamente originale sia per la struttura che per le sonorità che crea.
E' possibile cercare di definire la manouche come una creatura ibrida che unisce alcuni elementi della chitarra acustica, dell'elettrica e del violino: rispetto all'acustica ha una cassa più grande mentre il manico si restringe avvicinandosi alle dimensioni dell'elettrica. Ora sul manico è montata una barra d'acciaio, una sorta di ferro a "T" che i costruttori degli Anni 20 non utilizzavano. Successivamente è stata montata anche una vite per compensare le corde.
Le sei corde della chitarra manouche, anziché essere in nylon come nella classica, sono in argento o in acciaio; la cordiera è mobile e il ponte appoggia sulla tavola allo stesso modo del violino. La buca può assumere due forme tipiche: ad ellisse oppure a "D".
Sono queste caratteristiche che rendono le sonorità della chitarra manouche inconfondibili.

Per il programma completo e ylteriori informazioni consultate:
www.djangoreinhardt.it

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