22 gennaio 2008

Liberare gli applausi

Riprendo con questo post un discorso che avevo appena accennato qualche giorno fa: gli applausi nei concerti di musica classica. Ripeto qui ciò che ha detto il Maestro Uto Ughi in un'intervista a Mentelocale a proposito di qualche applauso di troppo partito durante le pause fra un movimento e l'altro della stessa sonata:
Un applauso è una manifestazione di contentezza! Come si può essere scontenti di un applauso in più.
Il New York Times ha affrontato questo tema qualche giorno fa, con un articolo di Bernard Holland.
Chiunque sia andato a vedere un concerto di musica classica in un importante Auditorium si sarà reso conto dell'atmosfera surreale che si crea fra i vari tempi di una stessa sinfonia, un silenzio in un certo senso frustrante, dobbiamo frenare il nostro impulso di applaudire un'esecuzione che magari ci ha particolarmente entusiasmato perché vige un codice di comportamento ferreo, sebbene non scritto, né tantomento obbligatorio per il quale se qualcuno si azzarda solo ad accenare un applauso verrà fulminato da mille sguardi degli altri spettarori sdegnati. Eppure una volta non era così, Beethoven diceva che Il silenzio non è ciò che l'artista vuole. Liszt si sarebbe sentito offeso se non fosse stato applaudito fra un movimento e l'altro di una stessa sonata. Oggi c'è un sorta di ipocrisia che aleggia nelle sale da concerto, con delle regole che Elias Canetti ha paragonato a quelle di una messa, con i suoi precisi rituali, e in un sorta di atto sovversivo, chi non gradisca l'esecuzione si prodigherà in una fastidiosa tosse!
L'Opera rimane immune a queste pratiche, lì, applausi o sonori fischi vengono elargiti con generosità in qualsiasi momento.
Nel jazz esiste ancora ampia libertà di applauso, anche se c'è qualche personaggio bizzarro (Keith Jarret tanto per non fare nomi) che pretenderebbe un'atmosfera di silenzio assoluto.

1 commento:

Anonimo ha detto...

condivido in toto: l'emozione vinca sulla forma. Altrimenti è musica per automi.

saluti
Max